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13 Una sola medaglia - Tra esseri umani e natura

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Un solo periodo della nostra storia di esseri umani può dirsi, forse, a impatto zero sulla natura.
È il periodo in cui eravamo cacciatori-raccoglitori, nel paleolitico, oltre 10.000 anni fa.

In quel periodo avevamo poche armi e utensili non molto raffinati; è stato il periodo in cui siamo stati più vicini
ad avere un rapporto paritario con la natura. L'Homo sapiens non era così diverso dagli altri primati: vagava e si sostentava con la raccolta e la caccia. La sua sussistenza dipendeva da ciò che trovava.

A quel periodo è succeduta una fase in cui l’evoluzione ha assecondato il nostro desiderio di piegare la natura a nostro vantaggio. Abbiamo imparato a selezionare animali che potessero essere addomesticati, abbiamo imparato a individuare e selezionare le piante che potevano essere coltivate. Da una fase nomade siamo passati a una fase stanziale.

È diventato più semplice produrre cibo coltivando terreno e allevando bestiame piuttosto che muoversi per cercarlo.

È una storia travagliata la nostra, una storia di addomesticamento e trasformazione continua e progressiva dell’ambiente in cui oggi viviamo. Una storia che ci ha portato a raggiungere condizioni di vita molto diverse da quelle passate, per certi versi portando netti miglioramenti da un punto di vista antropocentrico. L’aspettativa di vita è in continua crescita: solo 100 anni fa la nostra aspettativa di vita era di 47 anni. Oggi è oltre gli 80 anni.

I laghi di Mantova erano un fiume.

Un fiume che allagava la pianura e la città, e portava con sé disagi, a fronte di ben pochi benefici.
Il fiume Mincio è stato, dunque, addomesticato come la natura selvaggia ancestrale. La bacinizzazione del Mincio ne ha stabilizzato i livelli, ha garantito una maggiore sicurezza idraulica alla città, l’ha difesa dagli attacchi dei nemici, ha fornito risorse naturali preziose.

Ma il rapporto di Mantova e dei mantovani con il Mincio non è solo questo.

Superati i 3 metri di dislivello che oggi separano il Lago Superiore dal Lago di Mezzo, ci siamo ritrovati all’interno del perimetro di un’area che per la città e il suo rapporto con l’ambiente ha assunto dal dopoguerra un significato nuovo, importante e terribile. Siamo all’interno di un'area denominata SIN, un Sito di bonifica di Interesse Nazionale.

La situazione è nota e, per quanto possibile tenuta sotto controllo ed oggetto di varie iniziative di bonifica. Come riportato nei documenti dell'Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente, è un’area il cui suolo, sottosuolo e falda sotterranea presentano un'elevata contaminazione da idrocarburi leggeri e pesanti, composti organici aromatici, metalli, PCB e diossine.
I sedimenti presenti sul fondo dei canali, del fiume Mincio, delle darsene e delle aree umide prossime al SIN sono contaminati da idrocarburi pesanti, mercurio e diossine.

Uscendo da quest’area possiamo individuare molte altre tipologie di inquinamento di origine umana, derivanti principalmente dallo sfruttamento intensivo dei terreni, dagli impianti industriali, dai nostri stessi scarti civili e biologici che raccogliamo e accumuliamo.

Sono presenze invisibili che noi umani abbiamo introdotto nell’ambiente e che, in quanto componenti noi stessi dell’ecosistema in cui viviamo, con noi si relazionano costantemente con conseguenze a breve e lungo termine non sempre facilmente identificabili e prevedibili.

È l’altra faccia della medaglia della nostra capacità di addomesticare l’ambiente.

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